Premesso che:
secondo stime fornite dal sindacato dei medici dirigenti Anaao-Assomed tra il 2019 e il 2021 potrebbero lasciare il Servizio sanitario circa 23.000 medici, per effetto sia del raggiungimento dei limiti pensionabili, sia per il ricorso a "quota 100";
a questa cifra si aggiungono i 45.000 pensionamenti già previsti dal Servizio sanitario nazionale per raggiunti limiti di età o grazie al riscatto degli anni di laurea, scelto sempre più frequentemente dai medici, la cui età media per il pensionamento è, infatti, stimata attualmente a 65 anni;
diverse associazioni di categoria hanno più volte lanciato l'allarme sulla necessità di coprire il vuoto di organico che si sta creando in campo sanitario. Appare, pertanto, evidente la necessità di reperire nuovi medici specializzati, al fine di sopperire ai posti rimasti vuoti, nonché garantire la giusta assistenza sanitaria ai pazienti;
attualmente i medici possono specializzarsi solamente presso le università, mentre non sono previsti centri formativi abilitati alla specializzazione all'interno degli ospedali o nei centri di ricerca;
considerato che:
ogni anno in Italia si laureano in medicina circa 10.000 giovani, dei quali solamente 6.000 riescono ad entrare nelle scuole di specializzazione, proprio a causa della carenza di centri abilitati alla specializzazione;
secondo stime fornite dalla Anao-Assomed, nel 2027 si avranno oltre 95.000 laureati a fronte di un'offerta formativa di 6.200 contratti di specializzazione post laurea e 1.000 borse per diventare medici di base. Per un totale, dunque, di 7.200 medici occupati all'anno e 72.000 in dieci anni. Pertanto, secondo le citate stime circa 30.000 medici non avranno uno sbocco formativo post laurea;
come noto molti giovani medici formatisi in Italia sono poi costretti ad andare all'estero per specializzarsi,
si chiede di sapere:
quali soluzioni intenda adottare il Ministro in indirizzo al fine di garantire un maggiore accesso alla specializzazione da parte dei medici laureatisi in Italia, nonché al fine di fornire loro la possibilità di concludere il percorso di studi in Italia;
quali iniziative intenda, altresì, intraprendere al fine di garantire adeguati livelli occupazionali in un settore di assoluta rilevanza, come quello della sanità pubblica, a seguito dei pensionamenti già previsti, nonché di quelli anticipati dei medici con quota 100.
un emendamento approvato in sede di conversione del decreto-legge n. 104 del 2020, recante "Misure urgenti per la definizione delle funzioni e del ruolo degli educatori socio pedagogici nei presidi socio sanitari e della salute", ha creato numerose polemiche tra gli operatori, in quanto la norma così introdotta sovrappone le funzioni degli educatori socio-pedagogici a quelle previste dal decreto ministeriale n. 520 del 1998 nel profilo dell'educatore professionale, senza tenere conto di molteplici fattori;
l'iniziativa normativa consiste nella costruzione di un profilo per la figura dell'educatore professionale socio-pedagogico, tracciata inizialmente come qualifica con il comma 594 dell'art. 1 alla legge di bilancio per il 2018 e in seguito modificata con il comma 517 dell'art. 1, alla legge di bilancio per il 2019, che ha previsto la possibilità di operare "nei servizi e nei presidi socio-sanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio-educativi";
per tali finalità si prevede l'emanazione di un decreto da parte del Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca, che deve stabilire in dettaglio le funzioni proprie degli aspetti socio-educativi, considerata la specificità del ruolo della figura professionale degli educatori socio-pedagogici;
a parere delle interroganti si tratta di una grave sovrapposizione di una professione non sanitaria a funzioni già in capo a una professione socio-sanitaria già regolamentata e normata, inquadrata nella rete ordinistica. Gli aspetti che preoccupano di questo provvedimento sono due: il primo è che tale operazione è eseguita nell'ambito socio-sanitario e della salute, dove è già presente il profilo dell'educatore professionale (ridenominato socio-sanitario dalla stessa legge di bilancio per il 2018) con una storia di 36 anni alle spalle; il secondo è che per la costruzione di un profilo sociale sia ancora una volta del tutto ignorato il riferimento alla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d'interventi e servizi sociali, n. 328 del 2000;
inoltre, non sono stati tenuti in nessun conto gli sforzi dei vari tavoli tecnici interministeriali e formali, nei quali si è tentato di lavorare da tempo per riallineare e risolvere le gravi incongruenze create in sede di approvazione della legge di bilancio per il 2018;
in ambito sanitario queste figure hanno avuto un iter lungo che ha riguardato tutte le professioni dell'area, iniziato con i decreti-legge n. 502 del 1992 e n. 229 del 1999, approdato al decreto istitutivo della figura dell'educatore professionale, n. 520 del 1998; poi con la legge n. 42 del 1999, che ha costruito la struttura delle professioni sanitarie con profilo, ordinamento didattico e codice deontologico; con le norme sulle equipollenze ed equivalenze dei titoli precedenti, l'autonomia e la responsabilità professionale, l'accesso alle funzioni di coordinamento e direttive, per arrivare, con la legge n. 3 del 2018, alla costituzione di albi presso l'ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TSRM-PSTRP);
l'articolo 33-bis del decreto-legge n. 104 del 2020, dunque, non va nella direzione di unificare i percorsi formativi come da più parti richiesto, bensì in quella di frammentarli e confonderli tra loro sempre più, aumentando, tra l'altro, l'incertezza degli studenti nella scelta del loro percorso formativo, poiché accanto a una figura professionale già normata si ha ora, con la medesima denominazione, una qualifica che può accedere al mercato del lavoro svolgendo una parte delle funzioni svolte da una figura professionale regolamentata, oggetto e soggetto di precisi doveri, responsabilità e diritti, incardinata in un ordine, quello dei tecnici TSRM-PSTRP,
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto e quali siano le valutazioni in merito alla frammentazione di una professione, che dovrebbe mantenersi unica e formata dalla collaborazione di due percorsi universitari come previsto dall'art. 3 del decreto ministeriale n. 520 del 1998;
se non ritengano di dover adottare quanto prima iniziative per rivedere la norma del citato decreto "agosto", in quanto consente a personale non abilitato di svolgere funzioni già declinate per l'educatore professionale socio-sanitario con il decreto ministeriale n. 520 del 1998, afferente anche ad un sistema ordinistico, al fine di evitare casi di abusivismo professionale che inevitabilmente si verrebbero a creare.